LA TEORIA MARXISTA DELLO STATO

di Ernest Mandel, 5/4/1923 - 10/7/1995

(Ottobre 1969)

 

Parte I

 

ORIGINI E SVILUPPO DELLO STATO NELLA STORIA DELLE SOCIETA’

 

A. SOCIETA’ PRIMITIVE E ORIGINI DELLO STATO

 

Lo stato non è sempre esistito

 

Alcuni sociologi e altri rappresentanti della scienza politica accademica sono in errore quando parlano di Stato nelle società primitive. Quello che essi fanno in realtà è identificare lo Stato con la comunità. In tal modo svuotano lo Stato della sua speciale caratteristica che consiste nel rimuovere l’esercizio di alcune funzioni dalla comunità per farle diventare prerogativa esclusiva di una minuscola frazione di membri appartenenti alla comunità stessa.

In altre parole, la nascita dello stato è un prodotto della divisione sociale del lavoro.

Fino a quando tale divisione sociale del lavoro è solo rudimentale, tutti i membri della società a turno esercitano praticamente tutti i suoi compiti. Non c’è lo Stato. Non ci sono speciali funzioni di Stato.

Riguardo ai Boscimani, padre Victor Ellenberg scrive che questa tribù non conosceva né la proprietà privata né tribunali, né autorità centrale né corpi speciali di qualche tipo.[1]. Un altro autore scrive di questa stessa tribù: “La banda e non la tribù è il vero corpo politico tra i Boscimani. Ogni banda è autonoma, conduce la propria vita indipendentemente dalle altre. Le sue relazioni sono regolate da norme stabilite da cacciatori qualificati e dai più anziani, in genere uomini con maggiore esperienza.”[2]

Lo stesso vale per i popoli dell’Egitto e della Mesopotamia nella remota antichità: “non è più tempo per la famiglia patriarcale con autorità paterna, subentrano ora gruppi politici molto centralizzati… I doveri sono collettivi nel regime di clan totemico. Il potere e la responsabilità in questa società hanno ancora un carattere indivisibile. Siamo qui in presenza di una società comunitaria ed egualitaria, all’interno della quale la condivisione dello stesso totem, la vera essenza di ogni individuo e la base per la coesione di tutti, mette sullo stesso piano tutti i membri del clan”.[3]

Ma dall’estensione che la divisione sociale del lavoro sviluppa e da1la società divisa in classi, appare lo stato – e la sua natura è definita: I membri della collettività sono esclusi dall’esercizio di un certo numero di funzioni: una piccola minoranza, da sola, assume l’esercizio di tali compiti.

Due esempi illustreranno questo processo che consiste nel portar via a una maggioranza di membri della società certe funzioni che essi formalmente esercitavano (all’inizio collettivamente) allo scopo di attribuirle a un piccolo gruppo di individui.

Primo esempio: le armi. Questa è una funzione importante. Engels diceva che lo Stato è in ultima analisi, un corpo di uomini armati. Nella collettività primitiva, tutti i membri maschi del gruppo (e talvolta anche tutti gli adulti, maschi e femmine) erano armati.

In una tale società il concetto che portare armi sia l’unica prerogativa di alcune speciali istituzioni chiamate esercito o polizia non esiste. Ogni adulto maschio ha il diritto di portare le armi. (in certe società primitive, la cerimonia di iniziazione, che segna l’entrata nell’età adulta, conferisce il diritto di portare armi.)

E’ esattamente lo stesso nelle società che sono ancora primitive ma già ormai chiuse alla fase della divisione in classi. Per esempio, lo stesso vale per le popolazioni Germaniche, all’incirca nel periodo in cui attaccarono l’Impero Romano: tutti gli uomini liberi avevano il diritto di portare armi e potevano usarle per difendere se stessi e i loro diritti. L’uguaglianza dei diritti tra uomini liberi che noi osserviamo nelle società Germaniche primitive è in effetti uguaglianza tra soldati – che l’aneddoto del vaso di Soissons[4] illustra così bene.

Nell’antica Grecia e Roma, le battaglie tra patrizi e plebei spesso ricorrevano su questa questione del diritto di portare armi.

Secondo esempio: la giustizia. In genere la scrittura è sconosciuta alle società primitive. Perciò non ci sono codici di legge scritti. Inoltre l’esercizio della giustizia non è la prerogativa di particolari individui; tale diritto appartiene alla collettività. Oltre alle questioni risolte dalle famiglie o dagli stessi individui, solo assemblee collettive sono autorizzate a pronunciare sentenze. Nelle società Germaniche primitive, la funzione del presidente del tribunale del popolo non consisteva nell’approvare la sentenza ma nell’osservare che certe regole, certe convenzioni, fossero rispettate.

L’idea che potessero esserci certi uomini staccati dalla collettività a cui fosse riservato il diritto di dispensare giustizia, sarebbe sembrato assurdo ai cittadini di una società basata sul collettivismo del clan o della tribù, così come l’opposto apparirebbe inverosimile alla maggior parte dei nostri contemporanei.

Per riassumere: A un certo punto dello sviluppo della società, prima della sua divisione in classi sociali, certe funzioni come il diritto di portare armi o di amministrare la giustizia sono esercitate collettivamente – da tutti i membri adulti della comunità. E’ solo quando questa società si sviluppa più in là, dal momento in cui appaiono le classi sociali, che queste funzioni vengono sottratte alla collettività per essere riservate a una minoranza che esercita tali funzioni in un modo speciale.

Quali sono le caratteristiche di questo “modo speciale”?

Esaminiamo la nostra società occidentale nel periodo in cui il sistema feudale comincia ad essere dominante. L’indipendenza (non formale, non giuridica, ma molto concreta e pressoché totale) delle grandi proprietà feudali può essere dimostrata dal fatto che il signore feudale, e solo lui, esercita attraverso il suo dominio tutte le funzioni prima enumerate, funzioni che si sono sviluppate dalla collettività adulta nelle società primitive.

Questo signore feudale è l’assoluto padrone del suo regno. Egli è l’unico che ha il diritto di portare armi sempre; è l’unico poliziotto, l’unica guardia; egli è l’unico giudice; è il solo che abbia il diritto di coniare il denaro; è l’unico ministro delle finanze. Egli esercita attraverso il suo dominio le funzioni classiche svolte da uno Stato come lo conosciamo noi oggi.

Più tardi un’evoluzione avrà luogo. Finché la proprietà rimane abbastanza piccola, la sua popolazione limitata, le funzioni “di Stato” del signore, elementari e non molto complicate, e finché l’esercizio di tali funzioni prende solo un po’ del tempo del signore, egli può tenere in mano la situazione ed esercitare tutte queste funzioni in persona.

Ma quando il dominio cresce e la popolazione aumenta, le funzioni di cui il signore feudale è responsabile diventano sempre più complesse e sempre più dettagliate e gravose. Diventa impossibile per un uomo solo esercitare tutti questi compiti.

Che cosa fa allora il signore feudale?

Egli delega parzialmente i suoi poteri ad altri, ma non agli uomini liberi, dal momento che questi appartengono a una classe sociale in opposizione alla classe signorile.

Il signore feudale delega parte del suo potere a gente completamente sotto il suo controllo: servi che fanno parte del suo personale domestico. La loro origine servile si riflette in molti titoli odierni: “constable” deriva da Comes stabuli, il capo servo delle stalle, “minister” è il serf ministrable, cioè il servo assegnato dal padrone all’amministrazione dei suoi bisogni – per agire in qualità di suo attendente, servitore, assistente agente, ecc.; “marshall” è il servo che si prende cura delle carrozze, dei cavalli, ecc. (da marah scalc in alto tedesco per indicare il custode dei cavalli).

Questa gente, questi uomini non liberi, questi domestici, sono completamente sotto il controllo del signore, il quale decide di delegare parzialmente loro i suoi poteri.

Questo esempio ci porta a una conclusione – che è il vero fondamento della teoria marxista dello stato:

Lo Stato è un organo speciale che appare in un certo momento nell’evoluzione storica dell’umanità e che è destinato a scomparire nel corso di questa stessa evoluzione. Esso è nato dalla divisione in classi della società e scomparirà nel momento in cui tale divisione svanirà. E’ nato come uno strumento nelle mani della classe dominante allo scopo di mantenere il suo dominio sulla società e scomparirà insieme con il dominio di questa classe.

Tornando alla società feudale, possiamo notare che le funzioni di Stato esercitate dalla classe dominante non concernono solo le aree più immediate del potere, come l’esercito, la giustizia, le finanze. Sono sotto il dominio del feudatario l’ideologia, la legge, la filosofia, la scienza, l’arte. Coloro che esercitano queste funzioni sono povera gente che, per vivere, devono vendere i loro talenti al signore feudale che può occuparsi delle loro necessità. (I capi della chiesa devono essere inclusi nella classe dei signori feudali, poiché la Chiesa è in possesso di vaste proprietà fondiarie.) Sotto tali condizioni, almeno finché la dipendenza è totale, lo sviluppo dell’ideologia è controllato interamente dalla classe dominante: essa sola sovrintende alla “produzione ideologica”; essa sola è in grado di sovvenzionare gli “ideologi”.

Queste sono le relazioni di base che dobbiamo costantemente tenere a mente, se non vogliamo perderci in un groviglio di complicazioni e di sottili distinzioni. Inutile dire, che nel corso dell’evoluzione della società, la funzione dello Stato diventa molto più complessa, con molte più sfumature, di quanto fosse in un regime feudale del tipo che abbiamo appena descritto molto schematicamente.

Ciononostante, dobbiamo partire da questa situazione chiara e ovvia per capire la logica dell’evoluzione, l’origine che da cui scaturisce la divisione sociale del lavoro, e il processo attraverso il quale queste differenti funzioni diventano sempre più autonome e iniziano a sembrare sempre più indipendenti dalla classe dominante.

 

B. LO STATO BORGHESE MODERNO

 

Le origini borghesi dello Stato moderno

 

Anche qui la situazione è abbastanza chiara. Il moderno parlamentarismo trova le sue origini nel grido di battaglia che la borghesia inglese scagliò contro il re, “No taxation without representation!” il che significa in parole povere “non avrai nemmeno un cent da noi finché non ci dirai in che modo lo spenderai”.

Possiamo osservare immediatamente come questa relazione non sia molto più contorta della relazione tra il signore feudale e il servo assegnato alle stalle. E un re Stuart, Carlo I, morì sulla forca per non aver rispettato questo principio, che divenne la regola aurea a cui tutti i rappresentanti, diretti o indiretti, dell’apparato statale hanno dovuto obbedire sin dall’apparizione della moderna società borghese.

 

Lo Stato borghese, uno Stato di classe

 

Questa nuova società non è più dominata dai signori feudali ma dal capitalismo, dai moderni capitalisti. Come sappiamo, le esigenze monetarie dello Stato moderno – il nuovo potere centrale, una monarchia più o meno assoluta– diventa sempre più grande, dal quindicesimo al sedicesimo secolo in poi. E’ il denaro dei capitalisti dei commercianti e dei banchieri commerciali, che in larga parte riempie le casse dello Stato. Da allora in poi, in virtù del danaro pagato dai capitalisti per il mantenimento dello Stato, essi pretenderanno di averlo al loro servizio.

Lo faranno abbastanza chiaramente decretando leggi e creando istituzioni.

Molte istituzioni che oggi sembrano democratiche in realtà, per esempio l’istituzione parlamentare, rivelano chiaramente la natura di classe dello Stato borghese. Così, nella maggior parte dei paesi in cui era istituito il parlamentarismo, solo la borghesia aveva il diritto di votare.

Questo stato di cose è durato in tutti i paesi occidentali fino alla fine del secolo scorso o anche all’inizio del ventesimo secolo. Il suffragio universale , come sappiamo, risale a un periodo relativamente recente della storia del capitalismo. Come si spiega?

E’ abbastanza semplice. Nel diciassettesimo secolo, quando i capitalisti inglesi proclamarono “No taxation without rapresentation”, l’unica cosa che avevano in mente era la rappresentanza per la borghesia; per cui l’idea che la gente che non possedeva niente e non pagava tasse potesse votare, sembrava loro assurda e ridicola.Il parlamento non è stato creato allo scopo principale di controllare le spese fatte con i soldi dei contribuenti?

Questo argomento, estremamente valido dal punto di vista della borghesia, fu preso in considerazione e sviluppato dalla nostra borghesia dottrinaria[5] al tempo della rivendicazione del suffragio universale. Per questa borghesia, il ruolo del parlamento consisteva nel controllare il bilancio e le spese. E solo chi paga le tasse può validamente esercitare questo controllo, perché coloro i quali non pagano le tasse avrebbero costantemente la tendenza di aumentare le spese, dal momento che non sono loro a pagare le imposte.

In seguito, la borghesia considerò questo problema in un altro modo. Insieme con il suffragio universale nacque la tassazione universale, che gravò sempre più pesantemente sui lavoratori. In tal modo la borghesia ristabilì l’innata“giustizia” del sistema. L’istituzione parlamentare è un tipico esempio del vincolo, diretto e strettissimo, che esiste - anche nello stato borghese – tra la supremazia della classe dominante e l’esercizio del potere di stato.

Ci sono altri esempi. Osserviamo la giuria, nel sistema giudiziario. La giuria appare essere un’istituzione eminentemente democratica in armonia, specialmente se confrontata all’amministrazione della giustizia da parte di giudici inamovibili, tutti membri della classe dominante, su cui il popolo non ha controllo.

Ma da quali strati sociali erano – e sono ancora oggi in larga misura – scelti i membri di una giuria? Dalla borghesia. Esistevano inoltre speciali qualifiche, comparabili ai requisiti di possesso di proprietà per votare, per essere in grado di sedere in una giuria – un giurato doveva essere padrone di una casa, pagare una certo ammontare di tasse, ecc. Per illustrare questo rapporto diretto tra la macchina dello Stato e la classe dominante nell’era della borghesia, possiamo citare la famosa legge di Le Chapelier, approvata durante la Rivoluzione Francese che, per “stabilire l’uguaglianza tra i cittadini”, vietava tanto le associazioni dei padroni che quelle degli operai. Così, con il pretesto di proibire le corporazioni dei padroni – quando la società industriale è andata oltre la fase della corporazione – i sindacati sono stati messi al bando. In questo modo gli operai sono stati resi impotenti contro i padroni,e solo successivamente le organizzazioni della classe lavoratrice sono riuscite almeno in parte a servire da contrappeso alla forza e alla ricchezza dei padroni.

 

Note alla Parte I

 

[1] Victor Ellenberg, La fin tragique des Bushmen, Amiot-Dumount, Paris, 1953, pp.70-73.

[2] I. Shapera, The Khoisan People of South Africa, George Routledge and Sons Ltd., London, 1930, p. 76.

[3] A. Moret G. Davy, Des Clans aux Empires, La Reinassance du Livre, Paris, 1923, p. 17.

[4] Leggendario resoconto di un incidente durante il regno di Clodoveo re dei Franchi, nel quinto secolo d.C. (Clodoveo fu il primo re Franco ad abbracciare il cristianesimo, e fu durante il suo regno che la maggior parte di ciò che sono ora il Belgio e la Francia fu unito in un regno). Dopo una vittoriosa battaglia a Soissons (486 d.C.), quando il bottino stava per essere diviso equamente tra tutti i soldati, Clodoveo decise di tenere per sé un certo vaso. Al che un soldato uscì fuori dalle righe e frantumò il vaso con la sua spada, per dimostrare come nessun combattente ha diritto a speciali privilegi nella spartizione del bottino.

[5] I membri dell’ala conservatrice del Partito Liberale nel diciannovesimo secolo in Belgio erano chiamati Dottrinari. Essi si opponevano violentemente al suffragio universale, mentre i cosiddetti Progressisti nel Partito Liberale erano pronti ad accettarlo.

 

Parte II

 

LO STATO BORGHESE: LA FACCIA DELLA REALTA’ DI OGNI GIORNO

 

Attraverso la lotta intrapresa dal movimento dei lavoratori, alcune istituzioni dello Stato borghese diventano insieme molto articolate e complesse. Il suffragio universale sostituisce il suffragio per i soli detentori di proprietà; il servizio militare diviene obbligatorio; tutti pagano le tasse. Il carattere di classe dello Stato, dunque, comincia a diventare meno trasparente. La natura dello Stato come strumento nelle mani della classe dominante è meno evidente rispetto a come era al tempo del regno della borghesia classica, quando le relazioni tra i diversi gruppi che esercitavano le funzioni statali erano tanto visibili quanto nell’era feudale. Le analisi sullo Stato moderno, dunque, dovranno essere un po’ più complesse.

Innanzitutto stabiliamo una gerarchia tra le differenti funzioni di Stato.

In questa fase, nessuno, tranne i più ingenui, crede che il parlamento governi realmente, che il parlamento sia il padrone dello Stato basato sul suffragio universale (tale illusione è, comunque, più diffusa in quei paesi in cui il parlamento è una istituzione abbastanza recente).

Il potere dello Stato è un potere permanente. Tale potere è esercitato da un certo numero di istituzioni che sono isolate e indipendenti dall’influenza mutevole e instabile del suffragio universale. Queste sono le istituzioni che più devono essere analizzate se vogliamo sapere dove il potere reale si nasconde: “I governi vanno e vengono ma la polizia e gli amministratori rimangono.”

Lo Stato è costituito, soprattutto, da queste istituzioni permanenti: l’esercito (la parte permanente dell’esercito – lo Stato Maggiore, le truppe speciali), le varie polizie, i servizi segreti, i vertici all’amministrazione dei ministeri (i dipendenti statali “chiave”), i corpi di sicurezza nazionale, la magistratura e in particolare i suoi vertici,[1] ecc. - qualsiasi cosa sia “libera” dall’influenza del suffragio universale.

Questo potere esecutivo è continuamente rafforzato. Nel momento in cui appare il suffragio universale e si sviluppa una certa democratizzazione, benché assolutamente formale, di certe istituzioni rappresentative, possiamo vedere come il potere reale scivoli da quelle istituzioni verso altre, che sono sempre più lontane dall’influenza del parlamento.

Se il re e i suoi funzionari perdono una serie di diritti nel parlamento durante la fase di ascesa del parlamentarismo, al contrario, con il declino del parlamentarismo (che inizia con l’introduzione del suffragio universale), una serie continua di diritti vengono persi dal parlamento e vanno agli amministratori di Stato permanenti e inamovibili. Questo è un fenomeno generalizzato che investe tutta l’Europa occidentale. La “quinta repubblica” in Francia è attualmente è l’esempio più completo e sorprendente di questo fenomeno.[2] Può questa inversione di tendenza, questa svolta , essere vista come un complotto diabolico dei perfidi capitalisti contro il suffragio universale? La realtà oggettiva è più complicata: i poteri reali sono trasferiti dal legislativo all’esecutivo; il potere dell’esecutivo è rinforzato in modo permanente come risultato di cambiamenti che hanno luogo anche all’interno della stessa classe capitalistica.

Questo processo è iniziato al tempo della I Guerra Mondiale nella maggior parte dei paesi belligeranti e da allora è continuato senza interruzione. Ma il fenomeno spesso esisteva molto prima di quel periodo. Così nell’impero Germanico, questa priorità dell’esecutivo sul legislativo apparve in concomitanza con il suffragio universale. Bismark e gli Junkers concessero il suffragio universale allo scopo di usare la classe lavoratrice, a un certo punto, come leva contro la borghesia liberale, quindi garantendo (in quella società già essenzialmente capitalistica) la relativa indipendenza del potere esecutivo esercitato dalla nobiltà prussiana.

Questo processo mostra molto bene come l’uguaglianza politica è più apparente che reale e come il diritto dei cittadini votanti si riduce al diritto di mettere un pezzo di carta in un’urna ogni quattro anni. E comunque il diritto di voto non raggiunge mai gli effettivi centri decisionali e di potere.

 

I monopoli traggono origine dal parlamento

 

L’età classica del parlamentarismo è stata l’era della libera competizione. A quel tempo l’individuo borghese, l’industriale, il banchiere, era molto forte come individuo. Era indipendente, assai libero, nei limiti della libertà borghese, e poteva mettere a rischio il suo capitale sul mercato in qualsiasi modo desiderasse. In una siffatta società borghese atomizzata, il parlamento giocava un ruolo di mediatore, molto utile e indispensabile per il regolare svolgimento degli affari quotidiani.

A quei tempi, era solo il parlamento il luogo in cui si poteva determinare il comune denominatore degli interessi della borghesia. Vi erano rappresentati dozzine di gruppi distinti di capitalisti che erano in contrapposizione tra loro per una moltitudine di interessi locali, regionali, e corporativi. Questi gruppi potevano riunirsi e trovare una composizione alle loro controversie solo in parlamento (è vero che si incontravano anche in borsa, ma lì lo facevano con i coltelli, non con le parole!) Era solo in parlamento che una linea intermedia poteva essere elaborata, una linea che potesse globalmente esprimere gli interessi della classe capitalistica.

Quella era allora la funzione del parlamento: servire da luogo comune di incontro dove gli interessi collettivi della borghesia potessero essere formulati. Ricordiamo che nell’età eroica del parlamentarismo non era solo con le parole e i voti che questi interessi collettivi erano elaborati: si usavano anche le mani e le pistole o altre forme di violenza. Ad esempio la Convenzione, il parlamento borghese classico durante la rivoluzione francese, mandava la gente alla ghigliottina con la maggioranza più risicata.

Ma la società capitalistica non rimane atomizzata. Man mano possiamo vederla organizzarsi e strutturarsi in un modo sempre più centralizzato. La libera competizione scompare; è rimpiazzata dai monopoli , dai trusts e da altri raggruppamenti capitalistici.

 

Il potere capitalistico si centralizza fuori dal parlamento

 

Ora prende piede una vera e propria centralizzazione del capitale finanziario, delle grosse banche e dei gruppi finanziari. Se un secolo fa in Belgio il rapporto Analitique[3] del parlamento esprimeva il volere della borghesia belga, oggi è soprattutto il rapporto annuale della Société Générale[4] o del Brufina[5], preparato per i suoi incontri di azionisti, che deve essere studiato per conoscere le reali opinioni degli imprenditori. Questi rapporti contengono le posizioni dei capitalisti che contano realmente, dei grandi gruppi finanziari che dominano la vita del paese.

In tal modo il potere capitalistico si concentra fuori dal parlamento e fuori dalle istituzione nate dal suffragio universale. Di fronte a una concentrazione di così grande potenza (ci basti ricordare che in Belgio una dozzina di gruppi finanziari controllano la vita economica della nazione), le relazioni tra parlamento e funzionari statali, tra commissari di polizia e multimilionari sono relazioni che poco hanno a che fare con la teoria. Esse sono relazioni immediate e pratiche; e il legame di connessione è la possibilità del licenziamento.

 

Le visibili catene auree della borghesia: il debito nazionale

 

Il parlamento, e ancor, più il governo di uno Stato capitalistico, per quanto democratici possano apparire, sono vincolati alla borghesia da catene d’oro. Queste catene auree hanno un nome – debito pubblico.

Nessun governo potrebbe sopravvivere più di un mese senza dover bussare alla porta delle banche per poter pagare le sue spese correnti. Se le banche si rifiutassero, il governo andrebbe in bancarotta. Le origini di questo fenomeno sono duplici. Le tasse non entrano nelle casse ogni giorno; le entrate sono concentrate in un periodo dell’anno, mentre le spese sono continue. Ecco come il debito pubblico di breve termine cresce. Questo problema potrebbe essere risolto da alcuni espedienti tecnici. Ma c’è un altro problema – molto più importante del precedente.

Tutti gli stati capitalisti moderni spendono molto più di quello che ricevono. Questo è il debito pubblico di lungo termine per cui le banche e altri istituti finanziari possono più facilmente anticipare denaro, ad alto interesse. Si stabilisce dunque una connessione diretta e immediata, un legame giornaliero, tra lo Stato e i grandi capitalisti.

 

La gerarchia nell’apparato dello Stato …

 

Altre catene d’oro, catene invisibili, rendono l’apparato statale uno strumento nelle mani della borghesia.

Se esaminiamo il metodo con cui si recluta il personale per l’amministrazione, per esempio, vediamo che per diventare un impiegato subalterno in un ministero, è necessario passare un esame. Il regolamento sembra effettivamente molto democratico. In verità, non tutti possono accedere a un esame di qualsivoglia livello. L’esame non è lo stesso per la posizione del segretario generale di un ministero o per il capo dello Stato Maggiore dell’esercito, e per quella di un qualsiasi impiegato subalterno in un piccolo ufficio governativo. A prima vista, sembrerebbero normali prassi amministrative.

Ma il modo di procedere di questi esami conferisce loro un carattere selettivo. Per aspirare a certe posizioni importanti bisogna avere certi titoli, bisogna aver fatto determinati corsi. Così il sistema esclude un numero enorme di persone che non hanno potuto avere un’educazione universitaria o un suo equivalente, perché la parità delle opportunità educative non esiste realmente. Il sistema di concorsi per la pubblica amministrazione, pur sembrando democratico in superficie, rappresenta uno strumento selettivo.

 

… specchio della gerarchia nella società capitalistica

 

Queste invisibili catene auree sono anche basate sulla remunerazione ricevuta dai membri dell’apparato statale.

Tutte le strutture governative, esercito incluso, sviluppano questo aspetto piramidale, questa struttura gerarchica, che caratterizza la società borghese. Siamo così influenzati e così imbevuti dall’ideologia della classe dominante che tendiamo a non vedere nulla di anormale nel fatto che un segretario generale di un ministero riceva un salario dieci volte più alto di quello di un impiegato subalterno nello stesso ministero, o di una donna che pulisce i suoi uffici. Lo sforzo fisico di questa donna delle pulizie a ore è certamente maggiore; ma il segretario generale del ministero… pensa, il che, come tutti sanno, è molto più faticoso. Allo stesso modo, la paga del capo dello Stato Maggiore (ancora, qualcuno che pensa!) è di gran lunga più alta di quella accordata a un soldato semplice.

Questa struttura gerarchica dell’apparato dello Stato ci induce a sottolineare: nell’apparato ci sono segretari generali, generali dell’esercito, vescovi,ecc., che appartengono alla stesso livello salariale, e hanno inoltre lo stesso tenore di vita della grande borghesia, sicché essi appartengono allo stesso ambiente sociale e ideologico. Dopo vengono i funzionari medi, gli ufficiali medi, che sono allo stesso livello sociale ed hanno lo stesso reddito della piccola e media borghesia. E infine, la massa di impiegati senza titoli, donne delle pulizie, lavoratori comuni, che molto spesso guadagnano meno degli operai di fabbrica. Il loro tenore di vita corrisponde chiaramente a quello del proletariato, e implica una struttura più o meno corrispondente a quella della società borghese, con un’analoga gerarchia con simili differenze tra i vari livelli.

Questa struttura piramidale corrisponde a un reale bisogno della borghesia. Essa vuole avere a sua disposizione uno strumento da poter manipolare a piacimento. E’ quindi del tutto ovvio perché la borghesia ha tentato a lungo, e in modo molto duro, di negare ai lavoratori del pubblico servizio il diritto allo sciopero.

 

Lo Stato è semplicemente un arbitro?

 

Questo punto è importante. Nello stesso concetto dello Stato borghese – a prescindere che esso sia più o meno “democratico” nella forma – c’è una premessa fondamentale, collegata tra l’altro, alla stessa origine dello Stato: Per sua natura lo Stato rimane antagonista, e sostanzialmente inadatto a rappresentare i bisogni della collettività. Lo Stato è costituito, per definizione, da un gruppo di uomini che esercitano le funzioni che in origine erano esercitate da tutti i membri della collettività. Questi uomini non forniscono nessun lavoro produttivo ma sono mantenuti dagli altri membri della società.

In tempi normali, non c’è bisogno di guardiani. A Mosca, per esempio, non c’è nessuno che controlla i biglietti sugli autobus: i passeggeri depositano il loro copeco per viaggiare, ma in ogni caso nessuno li osserva.[6] Nelle società in cui il livello di sviluppo delle forze produttive è basso, dove tutti sono in costante lotta contro tutti nella ricerca del necessario per la sopravvivenza, non certo garantita da un reddito nazionale troppo esiguo per andare avanti, un largo apparato di supervisione diviene necessario.

È per questo che, durante l’occupazione tedesca [del Belgio], proliferò un numero di sorveglianti specializzati (polizia speciale nelle stazioni ferroviarie, controllo delle tipografie, controllo del razionamento, ecc.). In tempi come quelli, la dimensione del conflitto era tale che l’imposizione di un ulteriore apparato di sorveglianza si rivelava indispensabile.

Se analizziamo il problema, possiamo osservare che tutti quelli che esercitano le funzioni di Stato, che appartengono all’apparato statale, sono – in un modo o nell’altro – guardiani. La polizia speciale e la polizia regolare sono guardiani, ma lo sono anche gli esattori delle tasse, i giudici, i passacarte nei ministeri, i controllori sugli autobus, ecc. Riassumendo, tutte le funzioni dell’apparato statale sono ridotte a questo: sorveglianza e controllo della vita della società nell’interesse della classe dominante.

Si dice spesso che lo Stato contemporaneo giochi il ruolo di arbitro. Questa formulazione si avvicina molto a quello che abbiamo appena detto: la “sorveglianza” e la funzione di “arbitro” non sono fondamentalmente la stessa cosa?

A questo punto c’è bisogno di due commenti. In primo luogo, l’arbitro non è neutrale. Come abbiamo spiegato prima, gli uomini al vertice dell’apparato dello Stato sono parte integrante della grossa borghesia. L’arbitrato dunque non si origina dal nulla; esso si sviluppa contestualmente all’esigenza di mantenere in vita la società di classe. Certamente, gli arbitri possono fare delle concessioni alle classi sfruttate; questo dipende essenzialmente dai rapporti di forza. Ma lo scopo fondamentale dell’arbitrato è mantenere lo sfruttamento capitalistico, in quanto tale, se necessario di tanto in tento scendendo a compromessi sulle questioni secondarie.

 

Lo Stato dei guardiani, testimonianza della povertà della società

 

In secondo luogo, lo Stato è un’entità creata dalla società per sorvegliare il quotidiano funzionamento della vita sociale; esso è al servizio della classe dominante allo scopo di mantenere il predominio di quella classe stessa. C’è un’oggettiva necessità di questa organizzazione di guardiani, una necessità connessa al grado di povertà e all’entità del conflitto sociale esistente nella società.

Da un punto di vista storico più generale, l’esercizio delle funzioni statali è intimamente connesso con l’esistenza dei conflitti sociali. A loro volta, tali conflitti sociali sono a loro volta strettamente connessi con l’esistenza di una certa scarsità di beni materiali, di ricchezze, di risorse, dei mezzi di sussistenza necessari a soddisfare i bisogni umani. Questo fatto va messo in rilievo: Fino a quando esisterà lo Stato, sarà la dimostrazione del fatto che i conflitti sociali (e quindi la relativa scarsità di beni di sussistenza e di servizi) persistono. Con la scomparsa dei conflitti sociali, i guardiani, divenuti inutili e parassitari, scompariranno – ma non prima! La società, in effetti, paga questi uomini per esercitare le funzioni di sorveglianza, fino a quando è negli interessi di parte della società. Ma è abbastanza evidente che dal momento in cui nessun gruppo nella società avrà un interesse nell’esercizio della funzione di vigilanza, la funzione scomparirà insieme alla sua utilità. Allo stesso tempo sparirà anche lo Stato.

Il fatto stesso che lo Stato sopravviva prova che i conflitti sociali persistono, che la condizione di relativa scarsità di beni di sussistenza persiste – caratteristica di quel vasto periodo della storia umana tra povertà assoluta (la condizione del comunismo primitivo) e l’abbondanza (la condizione della futura società socialista). Fino a quando saremo in questo periodo di transizione che copre diecimila anni storia umana, un periodo che include anche il passaggio dal capitalismo al socialismo, lo Stato sopravvivrà, i conflitti sociali rimarranno, e il popolo sarà chiamato a dirimere questi conflitti nell’interesse della classe dominante.

Se lo Stato borghese rimane fondamentalmente uno strumento al servizio della classe dominante, significa che i lavoratori dovrebbero essere indifferenti alla forma particolare che prende questo stato – democrazia parlamentare, dittatura militare, dittatura fascista? Niente affatto! Più libertà hanno i lavoratori, per auto organizzarsi e difendere le proprie idee, più i semi della democrazia socialista daranno i frutti all’interno della società capitalistica, e più l’avvento del socialismo sarà facilitato nella storia.

Ecco perché i lavoratori devono difendere i loro diritti democratici contro ogni tentativo di ridurli (leggi antisciopero, istituzione di uno “Stato forte”) o di annientarli (fascismo).

 

Note alla Parte II

 

[1] Ad esempio in Italia i giudici della Corte di Cassazione emettono spesso sentenze che annullano quelle favorevoli ai lavoratori, alle donne, ecc. pronunciate dai giudici del livelli inferiori. (NdC)

[2] La“quinta repubblica” è stata introdotta nel maggio 1958 dal golpe che ha portato alla testa del governo il generale Charles De Gaulle.

Tuttavia il forte potere presidenziale introdotto a scapito del parlamento per assicurare una direzione autoritaria che consentisse di vincere con ogni mezzo la guerra di Algeria, è rimasto un dato permanente, che non è stato modificato nei periodi in cui al governo sono state le sinistre, confermando che la limitazione della democrazia parlamentare corrispondeva a un esigenza non contingente dello Stato borghese. (NdR)

[3] L’equivalente in Belgio dell’U.S. Congressional Record.

[4] Il più importante gruppo capitalistico del Belgio dai tempi dell’indipendenza del paese (1830). Originariamente organizzata sul modello di banca commerciale, la Société Générale era l’antesignana del capitale finanziario, che divenne diffuso in altri paesi capitalistici solo nell’ultimo quarto del diciannovesimo secolo. Ciò dipendeva dall’originario possesso del controllo di molte società per azioni, specialmente nel settore del carbone e dell’acciaio. Successivamente la Société Générale divenne padrona della Union Minière du Haut Katanga, così come di altre compagnie nel Congo.

Oggi si è riorganizzata sotto forma di holding finanziaria centrale che controlla l’acciaio in molte compagnie apparentemente indipendenti, tra cui la principale cassa di risparmio belga.

[5] Il secondo più grosso gruppo capitalistico del Belgio, il Brufina si sviluppò dalla Banque de Bruxelles, la seconda più grande banca belga.

[6] Mandel si riferisce ovviamente al periodo sovietico. Anche in altri paesi “socialisti” c’erano fenomeni analoghi: a Cuba, ad esempio, dopo un tentativo di eliminare del tutto ogni pagamento dei servizi, è stato introdotto un meccanismo analogo, giunto sostanzialmente, nonostante le difficoltà economiche, fino a oggi. (NdC)