MEMORIA DEPOSITATA AL GIP DI LECCE IL 27/2/2003

 

PREMESSA

Ho sempre voluto cambiare il mondo. Con chi vuole migliorarlo. E lo voglio ancora. Ora più che mai. Non importa se libero di muovermi, viaggiare, parlare con la gente o dal freddo di una cella. Ho sempre detto al mio io che prima, prima di lui, ci sei anche tu. Sento il dovere di farlo per mia madre, per i figli, per tutte le persone che conosco ed amo, per impedire che ogni giorno si continui a morire di fame, di sete, di ingiuste sofferenze, di violenza, di abbandono. Sento il dovere di farlo per tutti coloro che soffrono e non possono lottare per la propria felicità. Sento il dovere di farlo per la Pace. Per me, la Pace non è il risultato di un processo ma il presupposto, il punto di partenza per stabilire migliori rapporti e comportamenti umani, fondati su nuove regole, con le quali tutti possano vivere in libertà, giustizia, democrazia, benessere e solidarietà.

Voglio cambiare il mondo applicando le regole attuali, anche se sono state decise o proposte dai pochi che ne traggono il maggior vantaggio e subite dalla maggioranza degli abitanti del pianeta. Subite anche da chi, nelle moderne democrazie, esprime un consenso determinato dal sistema di potere, dai mezzi di informazione, da ignoranza, da illusione, da incoscienza, affinché tutto resti come prima, come sempre. Per cambiare il mondo servono conoscenza, idee, risorse, organizzazione. Pensiero ed azione. Forza, determinazione, impegno, sacrificio. Bisogna accettare i costi necessari ed avere la volontà di continuare a lottare e reagire. Anche quando gli altri si sono già fermati.

Si può se continui quando hai tutti contro. E vieni deriso, umiliato, battuto, bloccato. Se non lo fai per te stesso ma per tutti quelli che stanno peggio di te. Se sei paziente con chi non può o non vuol capire e sai reagire con chi ti offende, ti ostacola, ti prende in giro, ti fa del male senza sapere che sta facendo del male anche a se stesso. Se lavori con calma e con passione, se non ti lasci turbare troppo da chi usa intelligenza e potere per metterti in discussione e soprattutto se pensi più agli altri che a te stesso.

Si può se credi, se continui a credere anche quando ti accorgi che non c’è più nessuno che ha la forza di aiutarti. Si può se sai controllare l’invidia, l’egoismo, l’ambizione e capisci che, in fondo, vincere significa un po’ morire. Se hai la pazienza di spiegare quello che vuoi e che proponi, facendo tutto ciò che puoi per dimostrare senza fare nulla per convincere. Se non ti aspetti alcun vantaggio per te. Se ami anche chi non ti ama, non ti conosce, ti avversa e ti giudica senza sapere. Bisogna solo fargli capire che facendo così non cambierà mai niente e sarà anche colpa sua se le cose resteranno come stanno.

Si può se hai il coraggio di dire e scrivere quello che pensi anche quando rischi la tua libertà. Si può se senti la forza dentro.

Mi rendo perfettamente conto dell’enormità di quello che penso, dico e scrivo. So anche che si è fatto e si farà di tutto per impedirlo. Come so di non potere e non volere usare tutti i mezzi possibili solo per difendermi. Qualcuno continuerà anche senza e dopo di me. Gli auguro di riuscire perché per questi obiettivi val ben la pena di spendere la propria vita.

Ecco gli impegni presi con me stesso. Continuerò a crederci fino a quando sarò in grado di pensare. Per questo ho vissuto, studiato, lavorato negli ultimi 35 anni. Si può se senti di essere, se hai la volontà di partire e l’orgoglio e l’umiltà di resistere. Io resisto.

Sono nato nel 1950. Mio padre era già morto. A 21 anni. Da allora, mia madre è sempre vissuta solo per me. Sono figlio di contadini, figlio di comunisti, come lo sono stato io fino a quando ho capito che la storia si era svolta in modo ben diverso da come avrebbe potuto e dovuto essere nella teoria e da come mi era stato detto.

Sono una persona onesta. Ho sempre lavorato molto. Credo nella verità. Non ho mai raccontato bugie, anche se non sempre mi sono potuto permettere di raccontare tutto quello che sapevo.

Dal 1970 al 1974, ho lavorato nella cooperazione, promovendo aziende e dedicandomi alla loro supervisione. Ho dovuto andarmene quando ho capito che si operava in modo diverso da quello che si diceva.

Alla fine del 1974, ho fondato la Cooperativa Styl Tecnic di Parma. Distribuiva prodotti per ufficio in tutta Italia. Nel 1978 è stata posta in liquidazione perché, a causa di una scelta imposta dall’esterno, i soci avevano percepito stipendi anche quando non avevano prodotto niente. Nell’ultimo anno la cooperativa ha subito una perdita di oltre 300 milioni di lire. Per una «svista» del commissario liquidatore, quella perdita fu addebitata a me, in qualità di presidente. I fatti hanno poi dimostrato che la perdita era vera e reale e non era dipesa da me ma io ero già stato condannato. Forse serviva che qualcuno, comunque, pagasse.

Nel 1979 ho costituito l’Italmec Srl, sempre a Parma. Installava i primi personal computer della Apple di Cupertino (USA) con i relativi programmi. Nel 1982, una banca commissionò all’Italmec merce per 270 milioni di lire. L’ordine venne annullato dopo la consegna. Fui costretto a sospendere l’attività. Nel 1983, il Tribunale di Parma mi affidò l’incarico di salvare un’azienda ceramica dal fallimento. Ci riuscii. La feci produrre e vendere, in Italia ed all’estero. Ma, dopo un anno di attività sempre in ripresa, un esponente politico la volle far fallire. La contabilità, della quale non mi ero mai occupato, fu considerata insufficiente e mi venne addebitata la responsabilità di non avere ben vigilato. Fui condannato per la seconda volta. Dopo il fallimento, feci sequestrare un assegno di 9 milioni di lire dato in garanzia ad un fornitore dell’azienda ceramica. L’assegno era stato abusivamente posto all’incasso. Chi aveva abusato del titolo venne assolto ed io fui condannato per averlo denunziato.

Nel 1985 ho fondato il Gruppo Carisma. Più di venti società in grado di progettare e produrre macchinari ed impianti di 500 diverse tipologie. Nessun dipendente. Solo consiglieri di amministrazione, associati in partecipazione per sola opera, collaboratori, professionisti e consulenti esterni. L’iniziativa ebbe successo. Esortai i clienti ad avere un’amministrazione trasparente, senza nero, per poter agire liberi da qualsiasi condizionamento o ricatto. Il 15 marzo 1989, la Guardia di Finanza, in seguito a lettere anonime, iniziò una verifica fiscale nei confronti di tutte le società del Gruppo Carisma. Non avendo potuto contestare alcun rapporto con clienti e fornitori, per giustificare l’intervento furono contestate tutte le fatture infragruppo. Dalla verifica ebbe origine un elevatissimo contenzioso. Per non coinvolgere collaboratori, professionisti, fornitori e clienti con i quali si sono avuti rapporti dopo l’inizio del contenzioso, decisi di promuovere una struttura societaria esterna e parallela al Gruppo Carisma, alla quale sono stati affidati, salvo alcune eccezioni, i contratti da evadere. Nel 1999, avevo deciso di far entrare quella struttura parallela nel Gruppo Carisma ma la verifica venne ripetuta e fui costretto a sospendere ogni attività del gruppo dalla fine del 2001.

Alla fine del 1989 ho scritto Pèntakos, tradotto in tutte le lingue più parlate.

Nel 1991 ho presentato il Progetto Stellar, un sistema informativo via etere da diffondere su tutto il pianeta tramite satelliti geostazionari. Ne fu impedita la realizzazione in Italia. Venne preferito Internet.

Nel 1992 ho promosso il Progetto di Rinnovamento, una proposta di carattere sociale, economico e politico. Rinnovamento presentò propri candidati alle elezioni del 1992, 1994 e 1996. Ma Rinnovamento non doveva entrare sulla scena politica italiana, quindi non doveva partecipare alle elezioni. Dopo la presentazione del progetto, nel 1992, un parlamentare di spicco disse: «Bisogna impedire a quest’uomo di pensare ed agire nei prossimi vent’anni». Si riferiva a me. Rinnovamento prevedeva un progetto economico nazionale per l’occupazione. Dal 1990 al 1991, una società del Gruppo Carisma aveva inviato suoi incaricati in 178 Paesi, in ogni continente, per scoprire la domanda solvibile che potesse rappresentare lo sbocco di mercato per le nuove imprese previste dal progetto economico nazionale per l’occupazione.

Furono identificati i potenziali clienti interessati ad acquistare macchinari ed impianti per un valore di oltre 1 milione di miliardi di lire di allora. Con molti di essi furono stabiliti accordi che prevedevano vendite pluriennali ad inizio di consegna differita. La maggioranza dei beni consegnati sarebbe avvenuta per baratto. La consegna dei beni avrebbe avuto inizio dopo due/tre anni (consegna differita) e sarebbe continuata per tre/cinque anni. I beni prodotti dalle nuove imprese italiane sarebbero stati venduti a clienti esteri che avrebbero pagato con beni che nel relativo Paese estero sono in eccedenza. I beni ricevuti in pagamento (normalmente materie prime e semilavorati) sarebbero stati venduti, a prezzi competitivi, ad imprese dei Paesi più industrializzati, che li avrebbero pagati in valuta.

Per far funzionare le nuove imprese italiane previste dal progetto economico nazionale venne impostato uno schema operativo che prevede rapporti fra diversi soggetti che hanno dichiarato il loro completo gradimento.

Per concentrare e rendere efficienti i rapporti commerciali e finanziari, era necessario l’intervento di una società che svolgesse la funzione di realizzare i nuovi impianti (come main contractor) chiavi in mano. Era altresì necessario l’intervento di una società che acquistasse i beni che sarebbero stati prodotti dalle nuove imprese, vendesse i beni ai clienti esteri, accettasse di essere pagata con beni in permuta, vendesse questi ultimi ai clienti interessati, riscuotesse i prezzi di vendita e pagasse i beni acquistati dalle nuove imprese italiane. Lo schema prevede i seguenti passaggi essenziali:

- ogni nuova impresa italiana che vuole realizzare un nuovo impianto vende i beni che produrrà una volta che l’impianto sarà in produzione ad una società commerciale;

- la società commerciale vende i beni acquistati dalle nuove imprese italiane ad un cliente estero ricevendo in baratto altri beni, che vende ad un cliente interessato e disposto a pagarli in valuta, ovviamente alla consegna;

- un gruppo assicurativo garantisce al cliente la consegna dei beni ricevuti in baratto dalla società commerciale;

- l’acquirente dei beni che riceve la garanzia della consegna fa garantire il suo pagamento alla società commerciale da una banca;

- la società commerciale cede il credito verso l’acquirente per il quale la banca ha rilasciato garanzia di pagamento ad una banca che anticipa il 50% del credito;

- la società commerciale versa l’importo dell’anticipo ricevuto dalla banca che ha acquistato il credito alla nuova impresa italiana che vuole realizzare l’impianto ed in parte al main contractor.

In questo modo, le imprese italiane entrano in possesso delle risorse per realizzare i nuovi impianti ed iniziare a produrre.

Affinché questo sistema possa essere messo in funzione, è necessario che tutti i soggetti che partecipano alle fasi del processo formalizzino i loro rapporti e costituiscano gli effetti giuridici sui quali si fonda il processo stesso.

Per ottenere i necessari effetti giuridici servono le seguenti operazioni con i relativi soggetti. Per fare un esempio, supponiamo che una delle nuove imprese italiane voglia realizzare un impianto del costo di 50 milioni di euro e preveda un fatturato annuale di 70 milioni di euro all’anno per tre anni (i primi). Le fasi sono:

- i soci della nuova impresa versano all’impresa, come finanziamento soci, 50 milioni di euro;

- la nuova impresa versa i 50 milioni al main contractor come anticipo (praticamente l’intero prezzo dell’impianto) per la realizzazione dell’investimento;

- il main contractor versa l’importo ricevuto dalla nuova impresa alla società commerciale che assume l’incarico di reperire i macchinari ed impianti da installare nella nuova impresa;

- la società commerciale versa l’importo ricevuto dal main contractor ai soci di un’altra nuova impresa.

Al termine delle suddette operazioni, risulta che il main contractor ha ricevuto un anticipo e deve realizzare il nuovo impianto, come risulta che la società commerciale ha ricevuto un anticipo dal main contractor.

Le fasi successive sono:

- la nuova impresa vende alla società commerciale la produzione che farà nei primi tre anni di attività, per 210 milioni di euro (70 milioni all’anno per tre anni);

- la società commerciale vende al cliente estero la suddetta produzione per 300 milioni di euro;

- il cliente estero vende alla società commerciale beni per un valore uguale a quello dei beni acquistati (baratto alla pari per 300 milioni di euro);

- la società commerciale vende ad un secondo cliente i beni acquistati in permuta per 300 milioni di euro;

- una compagnia di assicurazioni garantisce a questo secondo cliente che la società commerciale consegnerà i beni nei termini stabiliti;

- terzi che vogliono sostenere il progetto contro-garantiscono la compagnia di assicurazione che ha rilasciato la garanzia della consegna;

- la banca del cliente che ha ricevuto la garanzia di consegna garantisce alla società commerciale il pagamento del cliente;

- la società commerciale cede il credito garantito dalla banca del cliente ad una banca disposta ad anticipare 150 milioni di euro;

- la banca cessionaria del credito versa l’anticipo di 150 milioni di euro alla società commerciale;

- la società commerciale versa 100 milioni di euro alla nuova impresa italiana che vuole realizzare l’impianto e 50 milioni di euro al main contractor che deve realizzare l’impianto;

- il main contractor realizza il nuovo impianto;

- la nuova impresa produce e consegna i beni alla società commerciale;

- la società commerciale consegna i beni al cliente estero;

- il cliente estero consegna alla società commerciale i beni in pagamento oggetto del baratto;

- la società commerciale consegna al secondo cliente i beni ricevuti in baratto dal cliente estero;

- il secondo cliente che ha ricevuto i beni oggetto del baratto libera la compagnia di assicurazione dalla garanzia di consegna prestata;

- il secondo cliente versa il prezzo dei beni alla banca cessionaria del credito;

- la banca cessionaria del credito libera dalla garanzia concessa la banca del secondo cliente.

Il processo di operazioni sopradescritte poteva entrare in funzione nel 1994. Fu tenuto in sospeso perché si era creduto davvero che sarebbero stati creati i posti di lavoro promessi nel corso della campagna elettorale del 1994. Era possibile. Ed era preferibile che l’aumento dell’occupazione fosse provocato da chi si era assunto la responsabilità di prometterla.

Andò diversamente e, nei primi mesi del 1995 il progetto economico nazionale per l’occupazione fu presentato ai 6800 comuni italiani nei quali c’era maggiore disoccupazione, oltre 1500 dei quali nelle regioni del Sud e delle isole (Basilicata, Calabria, Campagna, Puglia, Sardegna e Sicilia).

Più di un quarto dei comuni interpellati manifestò forte interesse all’iniziativa, lo stesso Governo nazionale espresse un giudizio positivo, pur precisando che non avrebbe potuto sostenere il progetto poiché impegnato nella riforma previdenziale. Del resto, il progetto non prevedeva di utilizzare i normali finanziamenti pubblici, ma era preordinato per l’impiego di risorse private. Quindi, mercato e finanza potevano far partire il progetto.

Tuttavia, mancavano i suoli, e, spesso, anche i piani regolatori di sviluppo industriale.

Dal 1996 al 2000, il progetto è stato tenuto costantemente aggiornato e ripresentato ai comuni. Nel frattempo, nel 1999 erano state costituite le società italiane ed estere per promuovere e concretizzare i rapporti già stabiliti in precedenza con altre società le quali, tuttavia, non avevano potuto renderli operativi perché mancavano ancora le imprese ed i nuovi impianti.

All’inizio del 2000 venne elaborato e presentato il Progetto Holos, che prevedeva insieme al progetto economico nazionale per l’Italia, alcune iniziative già elaborate, come il Sistema Stellar, la Repubblica della Terra e l’auto a decollo verticale, nonché altre iniziative del tutto nuove, come Cyberbank e la conversione dell’industria bellica.

Nell’estate del 2000, diversi comuni del Sud, rispondendo alle lettere con le quali veniva riproposto il progetto economico nazionale, comunicarono che nei loro territori erano disponibili suoli da destinare allo sviluppo industriale. Tramite esproprio da parte dei comuni stessi, oppure da consorzi industriali o anche da privati in possesso di terreni, sui quali erano previsti insediamenti industriali, i suoli erano reperibili.

I comuni precisarono, tuttavia, che le assegnazioni o le cessioni sarebbero state facilitate se i progetti di investimento fossero stati realizzati nell’ambito della normativa nazionale relativa allo sviluppo delle aree depresse del Paese e, prima di tutto, nella legge 488/92 che nel 2000 avrebbe pubblicato l’8° bando per l’industria. Ho studiato la normativa su quella legge ed ho cercato di adattare i progetti da tempo impostati per il progetto economico nazionale per poter presentare le domande entro il termine previsto per il 30/9/2000.

Purtroppo, nonostante le aspettative, alla fine di settembre 2000, erano stati assegnati meno di venti suoli. Stavo per abbandonare l’iniziativa quando il termine per la presentazione delle domande venne prorogato al 31/10/2000.

Subito dopo la proroga, imprevedibilmente, in una diecina di giorni vennero assegnati, o assunti impegni di assegnare, venti suoli. Poi, in pochi giorni, altri 180 suoli. Alla metà di ottobre 2000 sembravano disponibili 230/240 suoli, sui quali realizzare altrettanti investimenti.

Incaricai un gruppo di collaboratori di mettersi al lavoro per predisporre i progetti e la documentazione da allegare alle relative domande.

Ma, tra il 15 ed il 20 ottobre 2000, il numero dei suoli di cui veniva promessa l’assegnazione raddoppiò. In totale, dovevano essere 456, per le nuove imprese del progetto economico nazionale, più una decina di altre imprese che avevano chiesto di essere assistite nelle presentazione delle domande.

Non si poteva tirarsi indietro. Avevo insistito da oltre cinque anni con quel progetto ed ora, anche se i tempi erano assolutamente ridotti, non potevo deludere le aspettative dei comuni. L’occasione era anche propizia per concretizzare gli accordi già presi anche all’estero in relazione allo schema operativo del progetto economico, tante, troppe volte sospeso, con il rischio di perdere credibilità presso clienti esteri, compagnie di assicurazioni e banche. Poi c’erano i suoli. E sembrava che fuori bando le difficoltà sarebbero aumentate.

Perciò, partendo da quelli già studiati per il progetto economico nazionale e riducendo il loro costo a meno di 50 miliardi di lire ciascuno, furono predisposti tutti i progetti. Erano identici il costo dell’investimento, il piano economico-finanziario, le opere murarie ed il numero di addetti, mentre erano del tutto diversi l’uno dall’altro gli impianti ed i macchinari. Secondo la normativa sulla 488, tutti i valori indicati nelle domande possono essere diminuiti fino al 30% e/o aumentati nella stessa misura, ad eccezione della spesa ammessa, alla quale è collegato l’importo del contributo, che non può essere in alcun modo aumentato.

Per presentare i progetti dovevano essere costituite le imprese richiedenti. A distanza di soli dieci giorni dalla data di presentazione, non c’era il tempo per scegliere un amministratore per ogni impresa, costituire le società, ottenere le omologazioni ed altri documenti da allegare. Perciò chiesi a Cheti Franceschi di rappresentare tutte le società, che furono costituite per metà con sede a Parma e per metà con sede a Reggio Emilia, per ripartire tra i due Tribunali il carico di lavoro relativo al procedimento di omologazione.

Cheti sarebbe stata sostituita da un amministratore per ogni società nel momento in cui fossero state trasferite le sedi nei comuni del Sud in cui gli impianti sarebbero stati realizzati.

Alcuni enti non riuscirono ad assegnare i suoli entro il 31/10/2000 e vennero presentate solo 447 domande, inviate entro il termine massimo alle banche concessionarie, con le quali in precedenza erano stati fatti gli accordi relativi alla presentazione. Sulle domande era stato dichiarato che, entro un mese dalla data di presentazione, le imprese richiedenti avrebbero trasmesso alle banche concessionarie la documentazione relativa allo sbocco di mercato ed altre precisazioni previste dalla normativa.

Nessuna banca concessionaria chiese mai documenti, poiché le domande e gli allegati erano già di per se stessi idonei all’ammissione.

Il Tribunale di Reggio Emilia riuscì ad omologare tutte le costituzioni delle società con sede in quella provincia. Non così quello di Parma, che alla data del 31/10/2000 non ne aveva omologata neppure una. La normativa vigente prevedeva la possibilità della cessione di azienda dopo la presentazione della domanda di agevolazione. Uno dei soci delle nuove società con sede a Parma presentò tutte le domande che avrebbero dovuto presentare le partecipate. Poteva farlo perché ogni progetto era diverso dall’altro. E quando le società neo costituite con sede a Parma furono omologate, la società Avka Srl, che aveva presentato i loro progetti, stipulò con le partecipate atti di cessione di azienda assegnando alle cessionarie tutti i diritti ricollegati alle domande di contributo. Evidentemente l’atto di cessione venne ritenuto valido poiché i decreti di rigetto delle domande furono trasmessi ed intestati (dal Ministero) alle cessionarie e non alla cedente. Nel mese di novembre 2000, dopo aver verificato la disponibilità di tutti i soggetti anche esteri che avrebbero dovuto partecipare allo schema operativo, vennero formalizzati i rapporti necessari a realizzare l’intero programma. Le operazioni bancarie del 30/11/2000 e le relative fatture hanno prodotto gli effetti giuridici necessari a disporre delle risorse e degli sbocchi di mercato previsti. Quelle operazioni non vennero eseguite per ottenere l’ammissione, perché nessuno le aveva chieste, né per ottenere prime quote erogate a titolo di anticipazione. Erano previste richieste di erogazione per stato di avanzamento, non a titolo di anticipazione. E le erogazioni per stato di avanzamento vengono eseguite previo accertamento dell’esistenza dello stato di avanzamento dichiarato. Per quanto riguarda l’erogazione di quote di contributo a titolo di anticipazione, fra l’altro, con un’apposita circolare, il Ministero dell’Industria stabilì che non erano necessarie le contabili attestanti i versamenti dei soci ma che sarebbe bastata la fidejussione bancaria o la polizza fidejussoria.

Venne richiesto un contributo molto basso (circa 20%) e venne precisato che le imprese sarebbero state completate in due anni. L’l’importo del contributo non era importante, quel che contava era che le domande fossero ammesse. Avevo fatto sapere alle banche ed avevamo scritto al Ministro Enrico Letta che le società erano disponibili a ridurre le loro richieste. Non si voleva assolutamente che fossero escluse domande di altre imprese giudicate meritevoli. Del resto, era del tutto impensabile che fossero ammesse tutte le 447 domande per l’importo richiesto, per un totale di circa 5.500 miliardi di lire, superore ai circa 4.700 miliardi a disposizione del bando.

Dopo meno di tre settimane dalla data di presentazione delle domande, iniziarono infinite polemiche sulla stampa nazionale e vennero presentate interrogazioni ed interpellanze parlamentari, fra cui l’interpellanza-denuncia dell’allora deputato Alfredo Mantovano, che anche per motivi elettorali aprì una polemica con l’onorevole Massimo D’Alema, con il quale avrebbe concorso nelle successive elezioni del 13/5/2001 nel collegio di Gallipoli-Casarano. Mantovano mise in discussione l’iniziativa di Texma, che stava per realizzare un nuovo impianto a Gallipoli e, per sostenere la sua denuncia, la collegò con la presentazione delle 447 domande. Presentò l’interpellanza, sottoforma di esposto denuncia, alla Procura della Repubblica di Lecce, nell’ambito, naturalmente, di una conferenza stampa.

Ai primi di gennaio 2001, il Progetto Holos venne integrato con nuove iniziative.

Per quanto riguarda le domande sulla legge 448/92, sembrava che la situazione si stesse calmando anche se, in realtà, si stava discutendo come fare per rigettarle tutte, nel corso di riunioni fra Ministero dell’Industria, banche concessionarie, Guardia di Finanza, Carabinieri ed alcuni consulenti esterni.

La situazione precipitò quando il 17/1/2001 accadde la vicenda di Palermo, della quale allego la memoria presentata al G.I.P., in data 7/2/2001.

Successivamente, la Corte di Cassazione ha escluso la mia partecipazione a quell’associazione per delinquere ed alla fine di dicembre 2002, il GUP di Palermo ha escluso i reati di furto.

Il Ministero impose alle banche concessionarie di dare parere sfavorevole alle 447 domande e rigettò la loro ammissione in graduatoria.

Della vicenda di Palermo approfittò Mantovano per la questione Texma, quella che sembrava premergli di più. Fece comunicati denigratori e cercò di mettere il corpo elettorale del collegio in cui stava per candidarsi contro D’Alema.

L’iniziativa di Texma era del tutto imprevista. Era una società della famiglia Malerba. Nell’agosto 1998 aveva ottenuto la concessione di un contributo, l’importo più elevato di quel bando della legge 488. Il contributo sarebbe stato erogato in tre quote per stati di avanzamento. Il capitale proprio da destinare all’impianto di Gallipoli avrebbe dovuto essere di lire 32,5 miliardi di lire. Lo stesso contributo sarebbe stato revocato se il nuovo impianto non fosse stato completato entro il 31/3/2001, oppure se nel momento in cui si fosse resa disponibile la terza quota - intorno al 20 ottobre 2000 - non fosse stato ancora presentato il primo stato di avanzamento. Il tempo a disposizione, da settembre 1998 a marzo 2001, per fare l’impianto doveva essere di oltre trenta mesi. Alla fine di luglio 2000, Texma non aveva ancora la disponibilità del suolo e nessuno stato di avanzamento era stato presentato. Quindi la concessione stava per essere revocata.

Mi venne chiesto dalla dottoressa Cheti Franceschi di fare l’impianto e di evitare la revoca. In un primo tempo avevo rifiutato perché non conoscevo il settore in cui avrebbe operato l’impianto (calze a maglia) e non ero in grado di garantire lo sbocco di mercato. Inoltre, l’iniziativa era fuori programma rispetto a quello che si stava facendo. Fu Cheti a farmi riflettere sul fatto che mentre si stavano organizzando i progetti da presentare entro il 30/9/2000 sulla legge 448, una iniziativa già accolta non sarebbe stata realizzata.

Verificai se fosse stato possibile trovare lo sbocco di mercato e venne fatto l’accordo con Anthesis SpA. Con una certa difficoltà riuscii a farmi garantire le risorse. Era un’operazione atipica rispetto allo schema impostato per il programma economico nazionale.

Texma è stata acquistata per realizzare un progetto industriale che prevede un nuovo stabilimento con 230 addetti. Non c’erano e non ci sono altri motivi.

Lo stabilimento di Gallipoli non si è potuto completare perché:

- nonostante la lettera di nulla-osta datata 10/2/2000 dell’ente che doveva assegnare il terreno (SISRI di Lecce), occorsero tre mesi, da settembre a novembre 2000, per formalizzare la pratica ed immettere Texma nel possesso del suolo, riducendo in tal modo da sette a quattro i mesi disponibili per realizzare le opere murarie;

- i ritardi, i pretesti, le riserve di Mediocredito Centrale mettevano in discussione la conferma del contributo;

- le iniziative di Mantovano e della Procura di Lecce hanno creato difficoltà e riserve intorno all’iniziativa che, dopo le sollecitazioni del Ministero e l’interesse manifestato all’inizio di settembre 2000 da parte degli esponenti della zona, restò di fatto completamente isolata.

Ad un certo punto risultò del tutto evidente che (per motivi politici?) Texma non si doveva fare.

Dopo il rigetto delle domande sulla legge 488 e la sospensione dell’impianto di Texma, il 20 aprile 2001 andai in Palestina per parlare con Arafat, poi in Egitto, quindi in Kenia, a novembre 2000 due volte in Pakistan, al confine con l’Afghanistan, poi in India, per Natale 2000 di nuovo in Palestina.

Il 14/6/2001 era stata emessa Dhana, la nuova moneta della Repubblica della Terra. Nel 2002 andai a Cuba, poi in Giordania per andare in Iraq, poi di nuovo in Palestina, quindi in Grecia, a Johannesburg al Summit sullo sviluppo sostenibile.

Il progetto economico nazionale venne riproposto nel mese di ottobre 2002, precisando che le imprese sarebbero state realizzate senza alcun contributo. Mai più, avevo detto, richieste di finanziamenti pubblici. Troppi compromessi, troppa incertezza, troppa politica. Mai più.

Nel novembre 2002 sono ripresi gli incontri con i sindaci dei comuni interessati. Servivano tre mesi per ripristinare e ridefinire lo schema operativo. Nel maggio 2003 si potevano presentare le prime domande di concessione edilizia.

Texma. Le vicende di questa società avevano coinvolto l’attività di Anthesis SpA. Nella convinzione di riuscire a realizzare l’impianto, con o senza contributo (a metà febbraio 2001, dalla posizione di Mediocredito Centrale, era ormai chiaro che il contributo sarebbe stato revocato), Anthesis aveva speso il nome di Texma e le iniziative prese nei confronti di quest’ultima pesarono enormemente su Anthesis, che era l’unico sbocco di mercato per Texma. Intanto la dottoressa Franceschi insisteva per la realizzazione.

Solo quando fu possibile considerare la tenuta di Anthesis, l’iniziativa di Texma venne ripresa. Siamo nel luglio 2002. In settembre (2002) chiesi all’avvocato Schettino di verificare la possibilità di liberare le opere murarie di Texma, sequestrate in seguito ad una denuncia di furto presentata da mio figlio Valerio a nome di Vast. L’avvocato Schettino mi riferì di aver trovato disponibilità da parte del P.M.. Si poteva riprendere la realizzazione delle opere murarie in aprile 2003, installare gli impianti in luglio-settembre e completare l’opera entro metà novembre. Servono sei mesi per avviare Texma e dopo altri quattro mesi potrà consegnare i beni prodotti ad Anthesis. Questo è il piano stabilito a fine novembre 2002. Ancora adesso i tempi previsti si possono mantenere. In novembre 2002 ho presentato a tutti gli stati e governi dei 233 paesi della Terra il programma di Holos Global System, un insieme di trenta iniziative per affrontare i problemi dell’energia, dell’acqua, del cibo, della salute, dell’informazione, della produzione, della circolazione, dell’occupazione, della finanza e della moneta. Hanno risposto una cinquantina di Paesi, di tutti i continenti, e stavo programmando un calendario di incontri per illustrare il progetto, relativamente ad ogni Paese. Su www.holosh.com sono pubblicate le iniziative e l’intero programma.

Stavo programmando l’organizzazione, con il contributo di ONG. Dovevo fissare un appuntamento all’ONU, proposto da un consigliere di Kofi Annan.

Da anni sono fuori da qualsiasi rapporto politico nazionale.La Texma che ho seguito io non ha nulla a che fare con alcun politico italiano. Ad eccezione di chi ha voluto impedirla. Non certamente nell’interesse degli abitanti e dei lavoratori di Gallipoli. Texma rappresenta il sogno incompiuto di una donna che continua a sostenere la validità imprenditoriale e sociale di questo progetto, una donna che paga un prezzo troppo alto solo perchè, amando il Salento e la sua gente, ha creduto che da lì potesse nascere il cambiamento.

GRAVI INDIZI

Capo A - Art. 416 c.p. - Gli indagati si sono impegnati da anni per realizzare progetti in cui credono. Si tratta di iniziative economiche che hanno sempre e solo avuto l’obiettivo di produrre più ricchezza attraverso libere iniziative economiche, senza mai creare danni a privati o allo Stato.

Naturalmente non tutte le iniziative riescono e si ottengono risultati positivi. Ma è proprio escluso che queste persone abbiano lavorato per compiere un numero indeterminato di delitti, anzi, anche un solo delitto.

Se così fosse stato, penso che sarebbe stato rilevato prima ed altrove e non dalla Procura della Repubblica della provincia in cui le uniche attività svolte da queste persone sono state l’acquisto di un suolo già promesso a Texma e l’inizio della costruzione di un nuovo impianto.

Non può sfuggire a nessuno che il delitto di cui all’art. 416 c.p. sia essenzialmente stato considerato in relazione alla maggiore pena massima rispetto alle altre ipotesi di reato e per giustificare le esigenze e le misure cautelari disposte dal GIP di Lecce.

Capo B - Art. 640 bis c.p. - Le operazioni bancarie del 30/8/2000 relative a Texma sono operazioni lecite, che derivano da rapporti reali e che hanno prodotto effetti giuridici effettivi.

Non c’è stato ingiusto profitto per le società coinvolte, che hanno speso molto di più di quanto hanno riscosso e non c’è stato né può esserci danno.

L’anticipo è stato garantito allo Stato da SIC SpA e a SIC SpA da MAGURO SpA. Affinché vi sia danno, bisognerebbe che né SIC, ne Texma, né Maguro rimborsassero la quota erogata nel momento in cui la revoca del contributo fosse confermata dal TAR competente. È questo che si vuole? Distruggere Texma e Maguro perché hanno “osato” proporre un investimento in provincia di Lecce senza legarsi ad alcuna forza politica?

Capo C - Art. 56, 640 bis c.p. - Escluso il reato di cui al capo B) è necessariamente escluso il tentativo relativo a questo capo.

Capi D, E, F - Art. 8 D. Lgs. 74/2000 - Le fatture emesse da Vast a Texma, in data 30/8/00 e quella emessa da Projeos a Texma in data 30/10/2000 sono relative ad anticipi effettivamente versati per banca. Le operazioni sottostanti ed oggetto delle fatture emesse corrispondono esattamente a quanto liberamente e lecitamente concordato fra le parti. Sono state registrate dalle emittenti Vast e Projeos e non hanno prodotto effetti di evasione fiscale. Osservo che la fattura n. 19 del 20/10/2000 è stata emessa da Projeos a Vast e non da Projeos a Texma, come invece si deduce da pagina 13 dell’ordinanza.

Capo G - Art. 640 bis c.p. - È vero che M. aveva avviato il programma in data 30/4/1998 ed è vero che in data 8/4/1999 M. aveva sostenuto le spese dichiarate. L’operazione di conferimento dei soci non è stata affatto simulata. Nessuna norma stabilisce che i conferimenti debbano essere effettuati per contanti. Le operazioni descritte corrispondono esattamente a quanto concordato (nessuna simulazione), sono state debitamente registrate e non hanno violato alcuna norma.

Non ho mai conosciuto i signori Buontempo ed Esposito, ma so che le loro verifiche sono state sempre estremamente fiscali. Dubito che abbiano dichiarato il falso. Il signor Zecchetti mi disse che per verificare l’esistenza fisica dei beni forniti a M. dalla nostra IHS Srl avevano impiegato diverse ore, erano stati registrati i numeri di matricola e descritti i beni.

Capi J, K, L - Art. 2/8 D. Lgs. 74/2000 - L'art. 6 del D.P.R. 633/72 stabilisce che se prima della consegna dei beni mobili viene emessa fattura, l’operazione si considera effettuata alla data di emissione. Se, naturalmente, alcuni o tutti i beni oggetto delle fatture non risultano mai consegnati, sarà necessario fare note di accredito. Tutte le fatture sono state regolarmente registrate dalle emittenti. Il loro prezzo corrisponde a quanto concordato fra le parti e quindi sono veri e reali.

Capo M - Art. 640 bis - Le operazioni bancarie del 30/11/2000 eseguite da Banca San Paolo Invest per le 447 nuove imprese non sono vietate da alcuna norma. Esse sono vere e reali e, comunque, non finalizzate ad ottenere l’ammissione alle graduatorie (in quanto le operazioni stesse non sono richieste per l’ammissione da alcuna norma) né finalizzate ad ottenere erogazioni, in effetti mai neppure richieste. Il fine contestato è solo un processo alle intenzioni, del tutto avulso dagli obiettivi che le 447 imprese si proponevano, e cioè quello di disporre dei suoli sui quali realizzare nuove aziende.

Le operazioni del 30/11/2000 sono state eseguite come previsto dallo schema operativo previsto dal progetto economico nazionale per l’occupazione per predisporre gli strumenti giuridici per avviare le operazioni commerciali e finanziarie necessarie a realizzare il progetto. Non esiste alcun elemento, nemmeno immaginabile, per poter sostenere il tentativo di truffa. D’altro canto, le operazioni bancarie del 30/11/2000 non sono idonee a sostenere presunzioni di reato. Non sono false, non sono simulate. Sono soltanto movimenti tecnici e finanziari reali per consentire di concretizzare altre operazioni necessarie ad ottenere il risultato di fare imprese.

Capi da N a T - Art. 2/8 D. Lgs. 74/2000 - Non sono fatture per operazioni inesistenti ma fatture emesse secondo quanto previsto dall’art. 6 del D.P.R. 633/72 in relazione alla fatturazione delle operazioni. Le fatture non hanno prodotto alcun effetto evasivo, ma sono assolutamente neutrali, essendo state registrate tanto dalle emittenti quanto dalle utilizzatrici. Le stesse fatture sono state emesse in seguito ad accordi scritti e sottoscritti, con data certa.

Art. 132 D.P.R. 385/93 - A parte la forma in parte imprecisa, l’operazione non può essere considerata un prestito. Essa rappresenta invece un anticipo in conto acquisto partecipazioni.

In sostanza:

- le operazioni di cui ai capi B) e C) non sono artifizi e/o raggiri ma richieste di erogazione da sottoporre al vaglio del controllo amministrativo. Texma aveva effettivamente sostenuto spese per anticipi versati a Vast ed i soci avevano effettivamente versato gli importi dichiarati, a prescindere dalle loro disponibilità originarie. Non sono stati esibiti documenti o dichiarazioni false ma atti esattamente rispondenti alla realtà delle operazioni sottostanti;

- le fatture di cui ai punti D), E), F), come quelle di cui ai punti J), K), L) e di cui ai capi da N) a T) non sono state emesse per evadere o per far evadere le imposte. Le fatture corrispondono esattamente a quanto era stato concordato fra le parti e sono state registrate dalle emittenti e dalle destinatarie, quindi assolutamente neutrali;

- la fattura di cui al capo T), in particolare: Avatar ha registrato la fattura senza ottenere, ai sensi dell’art. 10 D.P.R. 633/72 (operazioni intracomunitarie) alcun credito I.V.A., né mai ha portato la fattura a costo. Cheti Franceschi e F. D. non c’entrano.

- l’operazione di cui al capo M), anzi l’insieme delle operazioni bancarie del 30/11/2000 sono vere e reali, giuridicamente corrette, non servivano ai fini dell’ammissione, (non sono, anzi, state richieste) e non è mai stata richiesta alcuna erogazione (attualmente, a valere sull’8° bando). La erogazione della 1° quota come anticipazione non è subordinata alla presentazione delle contabili relative ai versamenti dei soci ma solo alla garanzia).

- circa il capo G), Maguro non ha fatto una operazione vietata dal D.P.R. 385/93, ma una semplice anticipazione su futuro acquisto di partecipazioni. Fra l’altro, non si può sostenere che Maguro abbia prestato soldi ai soci di M. e poi sostenere che l’operazione sarebbe fittizia. O Maguro ha dato oppure Maguro non ha dato. Per quanto riguarda i rapporti con M. ed i suoi soci, il Tribunale di Reggio Emilia, in seguito ad udienza ex art. 700 c.p.c., ha accertato che M. ed i suoi soci hanno riscosso più di quanto hanno versato. E l’emissione di note di accredito a storno parziale delle fatture emesse in relazione ai beni poi acquistati direttamente da M. non inciderà sul saldo attuale.

L’ordinanza cautelare è costituita per il 95% da un mero verbale di constatazione della Guardia di Finanza, un verbale di verifica contabile che prescinde completamente dalla realtà progettuale e dalle attività effettivamente poste in essere per realizzare gli obiettivi dichiarati: fare aziende, produrre di più, occupare più addetti, vendere beni all’estero, compiere investimenti utilizzando il fatturato potenziale delle aziende da realizzare per ottenere le necessarie risorse. Ciò vale sia per Texma, la cui realizzazione non è certamente stata sospesa per le operazioni bancarie del 30/8/2000, sia per le domande sulla legge 488/92. Il tutto risolve in un assunto tautologico secondo il quale, siccome si volevano, secondo i verificatori e secondo tanti altri «interessati», rubare fondi pubblici, necessariamente le operazioni per ottenere questo risultato ci devono essere state. È per questo che operazioni ineccepibili sono state contestate e considerate reato.

L’ipotesi di cui all’art. 416 c.p. era l’unico modo per attribuire la competenza al Tribunale di Lecce. M. è partita (si è manifestata con l’esterno) a Reggio Emilia ed a Foggia. Texma si è manifestata all’esterno con gli accordi fatti con Malerba (ero a Sant’Ilario d’Enza) con l’acquisto delle quote a Varese e con le operazioni del 30/8/2000 presso la COMIT di Parma. Non certamente a Lecce, dove l’unica cosa che è stata fatta è l’acquisto del suolo e l’inizio delle opere murarie. E queste attività non sono le prime manifestazioni esterne degli indagati e non sono, almeno credo, reati. Rispetto alle domande sulla legge 488/92, Lecce non c’entra nulla, perché gli atti relativi a quelle operazioni sono stati fatti altrove.

INGIUSTO PROFITTO

Texma ha certamente speso più di quanto ha riscosso da Mediocredito.

M. & G. ed i suoi soci hanno certamente ricevuto più di quanto hanno pagato.

Le domande delle 447 imprese sono solo costate. Il costo sarebbe stato coperto se il contributo fosse stato del 2% della spesa ammessa.

Le fatture relative all’operazione Texma ed alle 447 NEW sono fiscalmente neutre sia ai fini I.V.A. sia ai fini delle imposte dirette.

ALTRUI DANNO

Lo Stato non ha rischiato nulla con Texma poiché l’erogazione è stata garantita da SIC e contro garantita. Per adesso non esiste danno.

M. & G. ed i suoi soci non hanno subito alcun danno.

Lo Stato non ha avuto alcun danno per le fatture relative all’operazione Texma e per le fatture relative alle 447 nuove imprese.

Manfredonia Sviluppo potrebbe avere ricevuto un danno se si dimostrasse che l’impianto di M. vale meno di quanto dichiarato.

ESIGENZE CAUTELARI

Dall’1/11/2000 non sono mai più state presentate domande per ottenere alcun finanziamento pubblico in Italia. Ho solo informato il Commissario Europeo per lo Sviluppo Regionale sui metodi con cui in Italia vengono assegnati fondi pubblici. La vicenda di Texma e delle 447 domande mi ha permesso di capire la realtà delle cose sia a livello centrale, sia ai livelli regionali e comprensoriali. Tutto sembra perfettamente regolato dalle apposite norme. In effetti, invece, i fondi pubblici vengono ripartiti in ambito politico e coinvolgono interessi di banche, consulenti, lobbies, tutti accomunati in una sorta di grande consorteria. Gran parte dei contributi per il Sud vengono trasferiti al Nord, attraverso pratiche ormai perfettamente rodate dal 1994, anzi, dalla legge 64, dalla Cassa per il Mezzogiorno.

Né questa supposta “gigantesca macchina predatoria” - che invece è stato e rimane un progetto ambizioso per creare aziende, produrre di più, eliminare il sommerso, aumentare l’occupazione - si è prestata a far ottenere finanziamenti pubblici ad altre imprese.

Non c’erano esigenze cautelari prima dell’ordinanza del 7/2/2003 né tanto meno, ci sono oggi. Paradossalmente, l’esecuzione dell’ordinanza special-preventiva ha reso impossibile, nel futuro, qualsiasi possibilità di reiterazione, anche se lo volessi.

Le misure adottate hanno, infatti inibito ogni affidabilità, sia alle imprese sia ai loro esponenti, di rivolgersi ai soggetti che assegnano fondi pubblici ad ogni livello.

Le attuali misure non servono a nulla ai fini di eliminare il pericolo di reiterazione. Servono solo a ritardare la realizzazione di un progetto utile, non certamente per me ma per centinaia di migliaia di italiani. Può darsi che non ci riesca, ma non è giusto non lasciarmi tentare di realizzarlo. Ciò che posso garantire è l’impegno costante, la determinazione, la buona fede, la verità delle cose che dico e la regolarità e legalità delle cose che faccio. Posso certamente commettere errori. Errori miei (lavorando, e di corsa, è più facile sbagliare) ed errori di altri che mi coinvolgono e dei quali ho sempre assunto piena responsabilità. Ma si tratta di errori, di colpe, non di frode, non di delitti.

Come è possibile presumere un fine fraudolento a carico di chi, una volta ottenuta l’erogazione di un anticipo, garantito da una cassaforte, invece di scomparire (non lo farei nemmeno per 75.000 miliardi di lire, figuriamoci per 7,5 miliardi), fa di tutto per realizzare un investimento programmato e concordato, anche senza contributo.

La verità è dimostrabile semplicemente considerando tutti i fatti relativi a Texma ed alle 477 nuove imprese. Tutti i fatti, non solo le operazioni bancarie del 30/8/2000 e del 30/11/2000 con le relative fatture.

Non credo di essere un “affabulatore”. È vero che ho progettato più di quanto sia stato realizzato. Purtroppo gli ostacoli non sono dipesi da me. Non ho saputo superarli tutti. Anche questo è vero. Ma bisogna provare ad essere condannati ingiustamente e per due volte per bancarotta, una volta per calunnia, un’altra per reati finanziari che oggi non sarebbero più reati (non lo erano nemmeno quando sono stato condannato, ma si è voluto considerarli tali) per capire quanto sia facile essere aggrediti, denigrati, irrisi, mal giudicati. Bisogna provare ad usare le regole, tutte le regole, senza coperture e senza compromessi, per capire quanto sia difficile migliorare un sistema marcio, un sistema complesso che le regole non riescono più a tenere insieme. Siamo in un momento di svolta. Oggi, come ieri e come domani, sono morti 13/14 mila bambini di fame. Chi, nei 96 paesi nei quali si vive meglio, se ne rende conto? Chi fa qualcosa? Siamo governati da chi ha vinto con i soldi, la pubblicità, la finzione. Per modificare questa situazione non si può pensare «che tutto cambi perché tutto rimanga come prima». Sarebbe un disastro. Per tutti. Ed allora servono idee nuove, disinteressate. Utopia? Quante realtà concrete sono state giudicate utopie dagli stati, dalle chiese, dalla scienza e dal potere? Purtroppo, dalla teoria alla pratica sono trascorsi decenni, a volte secoli. Ora non c’è più tempo. Anche i poveri fanno la guerra. E talvolta vincono le battaglie. E non accetteranno di perdere la guerra. Perché non hanno più nulla da perdere. Roberto, ...., Valerio, Tristano, ed altri hanno fatto quello che ho chiesto di fare. Mi conoscono. Si sono fidati. Non hanno colpa alcuna. Sono persone oneste, persone sane, che hanno accettato di pensare più agli altri che a se stessi. E così tanti altri ancora, che fortunatamente non sono rimasti coinvolti in questa vicenda in cui, come altre volte, troppe volte, è accaduto, devono pagare per il male che subiscono e non per quello che vogliono e che fanno. Cheti, invece, ti spinge a fare se pensa sia giusto.

Io infine non faccio quello che mi viene chiesto, ma quello in cui credo. E credo che questo sistema vada cambiato, perché è necessario e perché è possibile.

Così, per ritardare il cambiamento, è meglio tenermi in cella.

Dopo le operazioni bancarie del 30/11/2000 sono state effettuate le seguenti:

 

VAST

HA CEDUTO CREDITO V/MONDIAL

A HOLOS

HOLOS

HA PROMESSO AZIONI AVATAR

A VAST

MONDIAL

HA CEDUTO CREDITO V/SOCI NEW

A AVATAR

AVATAR

SI È ACCOLLATA DEBITO MONDIAL VERSO NEW PER FATTURE ANTICIPO VENDITA BENI LIBERANDO

MONDIAL

MONDIAL

HA CEDUTO CREDITO V/VAST PER ANTICIPO C/ACQUISTO COMPONENTI

A HOLOS

HOLOS

HA PROMESSO AZIONI AVATAR

A MONDIAL

 

In questo modo, il capitale di Avatar, oggi detenuto al 100% da Holos, sarà per il 5% intestato a Vast e per il 5% intestato a Mondial Clearing.

Al termine del programma (progetto economico nazionale) tutto il capitale di Avatar sarà intestato a società italiane. Ed allora, non prima, il cerchio sarà chiuso.

Va precisato che l’80% del capitale sociale delle nuove imprese sarà donato a Fondazioni costituite dai lavoratori delle nuove imprese stesse, con la sola condizione di non poter vendere le quote ricevute in donazione.

 

 

 

 

 

 

1

NEW

VENDE

A MONDIAL

210

2

MONDIAL

VENDE

A CLIENTE A

300

3

CLIENTE A

VENDE

A MONDIAL

300

4

MONDIAL

VENDE

A CLIENTE B

300

5

ASSICURAZIONE A

GARANTISCE CONSEGNA

A CLIENTE B

300

6

TERZI GARANTI

CONTRO GARANTISCONO

ASSICURAZIONE A

300

7

BANCA CLIENTE B

GARANTISCE PAGAMENTO

A MONDIAL

300

8

MONDIAL

CEDE CREDITO VERSO CLIENTE B GARANTITO DA ASSICURAZIONE A

A BANCA X

300

9

BANCA X

ANTICIPA

A MONDIAL

150

10

MONDIAL

VERSA PER CONTO DI NEW

A VAST

50

VERSA

A NEW

100

11

VAST

REALIZZA IMPIANTO

DI NEW

50

12

NEW

PRODUCE E CONSEGNA

A MONDIAL

210

13

MONDIAL

CONSEGNA BENI NEW

A CLIENTE A

300

14

CLIENTE A

CONSEGNA (PERMUTA)

A MONDIAL

300

15

MONDIAL

CONSEGNA

A CLIENTE B

300

16

CLIENTE B

LIBERA

ASSICURAZIONE A

300

17

CLIENTE B

VERSA

A BANCA X

300

18

BANCA X

LIBERA

BANCA CLIENTE A

300

19

BANCA X

VERSA SALDO AL NETTO

A MONDIAL

(300-150-50)

100

20

MONDIAL

VERSA SALDO FORNITURA

(210-150)

A NEW

60

 

TEXMA

Trattandosi di beni fuori programma, non era possibile concordare la permuta, anche perché la produzione era destinata ad Anthesis, per la distribuzione in Italia ed all’estero.

Per questo non volevo fare Texma.

Poi ho concordato con i soggetti dello schema del progetto nazionale che l’operazione sarebbe stata fatta in partecipazioni.

Sarebbe stata garantita la consegna di partecipazione al posto dei beni.

L’anticipo sarebbe stato versato a metà febbraio 2001. Ecco perché, anche quando sembrava probabile la revoca del contributo, Texma si poteva completare. Ma il secondo sequestro ha inceppato il giro perché ha avuto per oggetto anche libri e documenti della società che aveva promesso partecipazioni. Ora bisogna sostituire quelle partecipazioni con altre. È possibile, ma devo essere completamente libero per farlo.

I terzi garanti non hanno accettato di contro garantire la consegna delle partecipazioni che quindi devono essere garantiti da una polizza sulla vita che dovrei stipulare io.

Lecce, 26 febbraio 2003.

Rodolfo Marusi Guareschi