Marzo 1992

Lettera ai senatori e deputati della Repubblica

 

 

Egregio …, mi consenta, prima di tutto, di presen­tarmi.

Mi chiamo Rodolfo Marusi Guareschi.

Sono nato in provincia di Parma, in Emilia, il 20 gennaio 1950, da una famiglia di contadini.

Il doppio cognome non è un vezzo.

Mio padre, Rodolfo Marusi, è morto il 31 luglio 1949 annegato nel fiume Po', sei mesi prima che io nascessi, la domenica prece­den­te a quella fissata per le nozze con mia madre, che non si è mai sposa­ta, ed ha vissuto nella famiglia di mio padre, da vedova.

Il mio cognome è stato Guareschi fin quando, dopo i trent'an­ni, non ho chiesto ed ottenuto dal Tribunale il riconoscimento di paternità postuma.

Ho studiato ragioneria e, dopo i diciotto anni, ho studiato tutto quello che ho potuto leggere, vedere e sentire.

Dal 1970 al 1974 ho lavorato nella cooperazione emiliana.

Nel 1975 ho fondato autonomamente la prima cooperativa ita­liana costituita in modo unitario da opera­tori economici, liquida­ta nel 1978 perché non promossa e non voluta dal movimento coope­rativo.

Dal 1979 al 1982 ho gestito un'impresa nel settore dell'in­forma­tica, liquidata a causa di un grosso credito non riscosso dal Credi­to Varesino.

Dal 1983 al 1984 sono stato amministratore giudiziale di un'a­zienda ceramica, nominato dal Presidente del Tribunale di Parma.

A causa dell'ostracismo delle banche e delle iniziative della proprie­tà, dopo che mi ero personalmente indebitato per pagare gli stipendi di una cinquantina di dipendenti, ho dovuto accettare che quell'azien­da fallisse.

Nel 1986 ho fondato, senza risorse economiche, il Gruppo Cari­sma, composto da 25 società che progettano e producono beni in diversi settori e prestano servizi alle piccole e medie imprese.

Un gruppo che, nonostante ogni tipo di contrasto da parte delle istituzioni pubbliche e private, alla fine del 1991 aveva fattura­to oltre 200 miliardi.

Nel 1991 ho fondato Stellar, una società che si propone di realiz­zare, entro il 1994, il progetto di un sistema informativo operan­te su tutto il globo, con il quale sarà possibile, mediante termi­nali portatili collegati ad un sistema di satelliti geosta­zionari, collegarsi ad una unità centrale per chiedere ed ottenere qualsia­si tipo di informazione con­sentita dalla legge.

Il sistema avrà un costo previsto di 10.000 mi­liardi, che do­vranno essere versati dai soci stessi, senza inter­venti di terzi finan­ziato­ri.

Carisma doveva dimostrare che è possibile fondare e gestire un'iniziativa economica senza dover sotto­stare ad alcun tipo di condizionamento. Stellar dovrà dimostra­re il primato della conoscenza anche nel processo di produzione della ricchezza. Ora è necessario qualcosa di più com­plesso per realizzare un reale rinnovamento.

Sono convinto che la soluzione dei problemi degli esseri umani debba passare attraverso una riforma dei sistemi sociali, civili, economici, politici, morali e religiosi.

Ho scritto un testo che, partendo dalla realtà dei fatti che risultano accaduti e che ancora oggi accadono, indica delle ipotesi di soluzione, per la verità non tanto originali quanto precise e pragma­tiche.

Dopo aver enunciato in quel testo (Pentakos) un com­plesso di concezioni ed averle inviate alla stampa, che si è ben guardata, in generale, dal divulgarle, in considerazione della attuale situazione del nostro Paese, ho fondato il gruppo politico Rinnovamen­to.

Rinnovamento non è un partito.

Non è neppure soltanto un'iniziativa politica: è un concetto di vita di carattere universale al quale tutti noi possiamo ricon­durci e che, in questa fase della vita poli­tica italiana, non poteva che assumere i conno­tati di una proposta politica.

Ma vediamo i concetti politici essenziali di Rinnovamento, che scatu­riscono da una realtà a tutti nota:

‑ i problemi della gente, sia quelli individuali sia quelli col­letti­vi, si possono risolvere soltanto se le persone li affron­tano con gli stessi obiettivi di chi governa e que­sto, a prima vista, può apparire un'utopia, perché tra governan­ti e go­vernati esiste da sempre un conflitto di obiet­tivi: il be­nesse­re, che per i governati, cioè per il popolo, è un fine, per i governan­ti, cioè per chi desidera il potere, è un mezzo per realizzare il fine di ottenere e mantenere il potere;

‑ il sistema democratico si è dimostrato il miglior sistema poli­tico storicamente praticato ma deve essere impostato in modo aderente ai tempi e, quindi, alle situazioni oggettive, nelle quali si eserci­ta;

‑ non è possibile parlare di libertà di scelta individuale finché a tutti gli esseri umani di tutto il mondo non sarà possibile af­francar­si dai problemi economici.

I problemi della gente si risolvono attraverso il lavoro, inteso come impiego di energie nel pensare e nell'agire.

Prima di tutto bisogna che la gente sia informata sui fatti, deve avere la conoscenza, per poter impiegare al meglio il proprio lavoro. E la conoscenza si ottiene attraverso la verità effettiva, quella dimostrati e quella dimo­strabi­le, non attraverso una verità stori­ca funziona­le soprattutto a chi la trasmette.

In secondo luogo, noi abbiamo bisogno di regole valide per tutti, in modo da avere oggettivamente le stesse possibilità, nell'ambito delle quali ciascuno di noi possa impiegare se stesso a seconda delle proprie capacità e dei costi che è disponibile ad accettare.

Il conflitto tra governanti e governati si risolve o, per meglio dire, si attenua, soltanto mediante il controllo dei gover­nati sull'operato dei governanti: il controllo del popolo, median­te propri rappresentan­ti, sul potere.

Oggi sono i partiti che con­trollano il popolo attra­verso lo Stato, mentre dovrebbe essere il popolo che, mediante propri incaricati legittimati a farlo, controlla lo Stato.

Il sistema democratico diretto, come veniva eserci­tato in Grecia circa 3.000 anni fa, non è più possibile perché, per deci­dere direttamente, il popolo dovrebbe impiegare tutto il proprio tempo a decidere, invece che a lavorare.

Allora si parla di democrazia rappresentativa, nella quale chi intende rappresentare gli interessi del popolo lo dichia­ra, si fa carico di un certo numero di problemi del popolo, indica delle soluzioni, ascolta le osservazioni del popolo e, su questi proble­mi e su queste soluzio­ni, chiede il consenso.

E, perché il popolo possa controllare l'operato dei propri rappre­sentanti, si può istituire un organismo costituito dai primi candidati non eletti.

Penseranno loro ad informare gli elettori sull'adempimento degli impegni assunti dai candidati eletti.

Due Camere, quindi, la prima per fare le leggi e la seconda per verificare l'attività della prima.

Si potrebbe eccepire che, in questo modo, noi presumiamo la mala fede dei nostri rappresentanti eletti.

Rispondo che, in effetti, troppo spesso ci si comporta in modo diverso quando si chiedono voti rispetto a quando si sono ottenu­ti.

Ed a questa situazione è indispensabile porre rimedio.

Dobbiamo stare attenti ai nostri figli, ai nostri collabora­tori e dobbiamo consentire che gli altri stiano attenti a noi stessi.

Il progetto di Rinnovamento è complesso, come del resto non può che essere un progetto che si pone l'obiettivo di rinnovare, miglioran­dolo, il nostro sistema politico.

Con le semplificazioni alle quali ci siamo abituati, delegan­do ad altri tutto quanto non ci appare come individualmente inte­ressan­te, noi manifestiamo una sorta di pigrizia mentale della quale hanno approfittato i partiti e, in generale, tutte le strut­ture che rappre­sentano il potere, sia in Italia che altrove.

Non una semplice "rinnovazione" (come, invece, ha dichiarato che sarebbe necessaria il Presidente della Repubblica), non una "ripe­tizio­ne" ma un reale e completo Rinnovamen­to, un grande migliora­mento.

L'Italia ha uno dei popoli più intelligenti e laboriosi del Mondo: perchè non dovrebbe partire dal nostro Paese quel processo di Rinnova­mento, del resto emulabile, capace di migliorare la situa­zione al fine di un generale benessere comune?

Un benessere che non rappresenti unicamente un risultato di carat­tere economico, ma un complesso di effetti di carattere sociale, civile, economico, politico, morale e religioso.

Sì, anche religioso, dal momento che questo aspetto fondamen­tale della nostra vita si ripercuote comunque su tutti noi e, molto spesso, regola, o perlomeno condiziona, le nostre scelte.

Per far questo, noi ci rivolgiamo alla gente che lavora ed a quella che non può lavorare, a chi produce ricchezza ed a chi non può produr­ne, per dire loro che è possibile, se lo voglia­mo tutti insieme, cambiare, rinnovando e migliorando noi stessi.

Per noi e per i nostri figli.

Un'ultima cosa, che mi riguarda e che intendo precisare.

Per carattere, non riesco ad accettare compromessi e condi­ziona­menti che non derivino dallo stato di diritto, cioè  dalle leggi.

Questo atteggiamento, che nessuno è mai riuscito a condizio­nare, mi ha procurato non pochi problemi.

Sembra quasi che la finzione paghi più della verità.

Un esempio: avendo fatto applicare alle società del Gruppo Carisma le normative della CEE sui gruppi societari, sono stato duramente attac­cato dall'Amministrazione finanziaria dello Stato, che ha chiesto al Gruppo Carisma imposte per un importo superiore al fatturato accertato dalla stessa Guardia di Finanza.

Anche in quella situazione, che gli stessi giudici della Repub­blica hanno giudicato paradossale, pur conoscendo sistemi più  sbriga­tivi (e forse meno costosi) per risolvere il problema, mi sono difeso a viso aperto, attivando le rare norme a tutela dei contri­buenti.

Ho continuato e continuerò ad essere me stesso, anche se questo dovesse costarmi più di quanto io possa mai avere immagina­to.

Ho provveduto a depositare un atto ufficiale con il quale ho rinuncia­to, nel caso in cui venissi eletto parlamentare, ora per allora, ad ogni privilegio di carattere civile, penale od ammini­strati­vo.

Non voglio aver bisogno di essere deputato o senatore se dovrò difendermi.

Chi mi conosce, potrà garantire che questa scelta non è una tatti­ca di carattere elettorale, ma un principio che viene dal profondo di me stesso.

Nessuno di noi può pretendere di non pagare gli eventuali  errori commessi, e tutti noi dobbiamo presentarci di fronte agli altri con gli stessi diritti e gli stessi doveri.

E dico questo non per spirito di protagonismo, non certamente per ambizione personale, ma per dare un contributo di tra­sparen­za e lealtà nei confronti degli italiani.

Dovremo combattere la delinquenza ed il malcostume, la pover­tà e gli abusi, gli sprechi e le ingiustizie.

Dovremo rinnovare molte norme che si contraddicono, sosti­tuendo­le con poche leggi che diano a tutti le medesime opportuni­tà.

Dovremo applicare le scelte della Comunità Economica Europea, sia perché sono moderne sia per non rimanere isolati.

Dovremo rinnovare noi stessi, da dentro, se vogliamo evitare di doverlo fare quando le cose dovessero raggiungere un grado di perico­losità enormemente superiore rispetto a quello attuale.

È questo l'invito che mi sento di esprimere, non per convin­cere ma per dimostrare che le cose possono cambiare.

Sant'Ilario d'Enza, marzo 1992.

Rodolfo Marusi Guareschi

 

 

Ad uno dei destinatari, che ha telefonato per esprimere apprez­za­mento a questa lettera, è capitato per caso di ascoltare il dialo­go inter­corso tra due suoi autorevolissimi colleghi.

Uno dei due diceva all'altro: "o è un pazzo oppure ... comun­que ha un grande coraggio ... ed anche le idee chiare ... troppo chiare per i miei gusti ... senti, secondo me ... bisogna impedire a que­st'uomo di continuare a pensare e soprattutto di agire nei prossimi vent'anni ..."

Qualche volta la storia si ripete!