Risanamento
pubblico e rilancio economico Si può eliminare il debito
pubblico e rilanciare l’economia con
quattro semplici scelte moralmente ineccepibili. Roma,
10 ottobre 2005. La
Repubblica Italiana ha un debito di oltre 1.500 miliardi di euro e spese annuali
di circa 435 miliardi di euro, compresi 71,5 miliardi di euro di interessi
sul debito. Se il debito pubblico non fosse continuamente rinnovato, anzi
aumentato, la Repubblica Italiana sarebbe in evidente stato di insolvenza. Il
rilancio dell’economia italiana ed il risanamento dei conti pubblici è
possibile solo attraverso l’abolizione delle imposte sul reddito e sul valore
aggiunto, l’applicazione di un’imposta una tantum sui patrimoni netti, la
vendita dei beni pubblici inservibili e l’introduzione dell’imposta sui
consumi improduttivi. Abolizione
delle imposte sul reddito e sul valore aggiunto
– Con queste imposte si prelevano circa 300 miliardi di euro. L’abolizione
delle imposte sui redditi fondiari, di capitale, di lavoro dipendente, di
lavoro autonomo e d’impresa provocherebbe un forte aumento degli investimenti
con capitali nazionali ed esteri ed il conseguente aumento della produzione e
delle vendite. Dall’abolizione delle imposte deriverebbe la totale inutilità
delle strutture di accertamento con un risparmio di miliardi di euro. Applicazione
di un’imposta una tantum sui patrimoni netti
– Il valore dei patrimoni italiani privati netti è circa 8.000 miliardi di
euro. Il 5% delle famiglie più ricche detiene oltre il 33% del totale.
L’imposta una tantum sui patrimoni va applicata in misura proporzionale sul
valore del patrimonio, al netto dai debiti, con una franchigia di 100.000
euro. Le aliquote vanno calcolate in modo che, in totale, con questa imposta
entrino circa 1.200 miliardi di euro, quasi l’80% del debito pubblico. Vendita
dei beni pubblici inservibili – La Repubblica
Italiana possiede beni per un valore di circa 1,2 miliardi di euro. Un quarto
dei beni pubblici sono inservibili per lo Stato. Dalla vendita dei beni
pubblici inservibili deriverebbero 300 miliardi di euro, il 20% del debito
pubblico. Introduzione dell’imposta sui consumi improduttivi – Con l’imposta una tantum sui patrimoni netti e la vendita dei beni pubblici inservibili si azzera il debito pubblico e quindi anche i relativi interessi. L’imposta sui consumi improduttivi è applicata in misura proporzionale, escludendo i beni ed i servizi di primaria necessità (energia, acqua, cibo, salute, cultura, informazione, etc.) sulle acquisizioni di beni e servizi che non producono alcun ritorno economico diretto. Dall’imposta proporzionale sui consumi improduttivi potrebbe derivare un gettito fiscale di circa 350/360 miliardi di euro, pari al totale delle spese annuali della Repubblica Italiana, al netto dagli interessi sul debito pubblico. L’accertamento dell’applicazione dell’imposta sui consumi improduttivi va fatta per campione, in modo che il rischio dell’eventuale violazione sia superiore al vantaggio della violazione stessa. Fra gli altri effetti, con questa imposta si farebbe immediatamente emergere il sommerso. |